Dal matrimonio, com’è ben noto, derivano in capo ai coniugi reciproci doveri, il cui mancato rispetto può comportare conseguenze anche sotto il profilo risarcitorio. In particolare, quando lo scioglimento del rapporto matrimoniale è riconducibile al comportamento di uno dei due coniugi, è possibile richiedere al giudice l’addebito della separazione. Dall’addebito deriva il dovere del coniuge responsabile di provvedere al mantenimento dell’altro coniuge che non abbia adeguati redditi propri e la sua esclusione dai diritti successori. Ed in presenza di addebito della separazione, sorge anche la possibilità di riconoscere un risarcimento del danno al coniuge non responsabile derivante dal fallimento del matrimonio, anche se non strettamente connesso alla violazione di una norma di carattere risarcitorio, che dà diritto al risarcimento. La Cassazione ha infatti sancito che i doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio hanno natura giuridica e la loro violazione non trova necessariamente sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia (come, appunto, l’addebito), potendo invece integrare gli estremi dell’illecito civile e dare così luogo – laddove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti – ad un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali, ai sensi dell’art. 2059 del codice civile. Non dà invece diritto al risarcimento dei danni morali ma solo patrimoniali la rottura ingiustificata della promessa di matrimonio: se il matrimonio salta perché uno dei promessi sposi ci ha ripensato, questi è tenuto a risarcire l’altro ma solo delle spese fatte e delle obbligazioni contratte in vista del programmato evento (es. partecipazioni, ricevimento, abito, bomboniere..). Ciò al solo fine di tutelare l’affidamento incolpevole della parte che, in vista della celebrazione del matrimonio, abbia in buona fede sostenuto delle spese.