L’infezione virale da Sars-Cov-2 ha coinvolto numerose persone ed in particolare personale sanitario che hanno doverosamente prestato la propria opera di assistenza e cura a soggetti ammalati, con conseguente contagio e, in molti casi, con successive, autonome, anche gravi, ricadute sulla propria salute (la morte o la persistenza di postumi invalidanti).
Se da un lato il personale dipendente delle Aziende Sanitarie ha trovato tutela in ambito previdenziale dell’Inail nei presupposti normativi o dell’infortunio indennizzabile in occasione di lavoro, altre categorie (in particolare i libero professionisti ed i medici di Medicina Generale) sono state escluse, salvo considerare i modestissimi e occasionali ristori riconosciuti dall’Enpam a titolo di indennizzo temporaneo per la sospensione della propria attività professionale.
La questione necessita di alcune precisazioni di ordine tecnico medico legale, che consentano di far chiarezza su alcuni equivoci interpretativi derivanti dalla scarsa conoscenza della materia di alcuni commentatori “non medici”, in relazione alla specifica interpretazione tecnica delle comuni Condizioni generali di Polizza Infortuni.
Il criterio di “indennizzabilità” di un qualsiasi “infortunio” denunciato dal contraente – secondo le previsioni di qualsiasi contratto di Polizza Infortuni – si fonda su presupposti (definiti “condizioni generali”) condivisi con l’assicuratore e di esclusiva valenza tecnica medico legale: elementi costitutivi del contratto che suggellano la volontà delle parti.
La parte assicuratrice che si assume un determinato “rischio” ed il contraente che, a seguito del versamento di un “premio” in denaro, vuole tutelarsi da eventi avversi, non prevedibili, che originano all’esterno della propria persona e che potrebbero colpirlo, in maniera unica e violenta (cioè concentrata nel tempo), nel proprio “corpo” causando lesioni obiettivabili tali che determinino un danno alla sua capacità lavorativa o la morte.
Principi elementari, destinati necessariamente alla comprensione del contraente, cioè dell’uomo comune, che hanno il pregio della chiarezza e della semplicità interpretativa dell’ “evento assicurato”: cioè una sventura, una disgrazia imprevedibile, dovuta a fattore lesivo unico e concentrato nel tempo, tale da determinare conseguenze lesive corporali e quindi un danno patrimoniale temporaneo o permanente (su parametri concordati con l’assicuratore).
In sostanza un accordo: semplice, chiaro, preciso e non interpretabile unilateralmente (in osservanza al Regolamento Ivass art 12, paragrafo 8, comma C ed art 13 commi B e C).
Al contraente poco importa, né gli compete, dimostrare quale sia la natura ed il meccanismo con cui si sia verificato l’evento. A questi spetta identificare e denunciare le lesioni corporali obiettivabili e la causa che “acutamente” le ha determinate.
All’assicuratore spetta la valutazione preliminare del “rischio” (con la facoltà di escludere dal contratto eventi che ritenesse non bilanciati col premio richiesto) e di provare che l’evento denunciato non sia stato fortuito, che sia dovuto o concausato da fattori patologici autonomamente intrinseci all’Assicurato o che la causa derivi da azioni lesive “non concentrate nel tempo”, quindi riconducibili – secondo indicazioni preliminarmente individuate, condivise e sottoscritte nelle Condizioni Generali di Polizza – a definizione di “malattia” che nello stesso contratto viene definita esclusivamente come “ciò che non è infortunio”.
Elementi costituitivi di un “Atto” redatto in osservanza alle previsioni del Codice Civile che esclude ipotesi di successive difformi interpretazioni mosse da una delle parti:
Prassi o procedure poste in essere da una delle parti non possono essere interpretate – di per sé – come norme contrattuali e quindi ogni eventuale “esclusione di rischio” deve essere sempre richiamato nel contratto.
Ciò detto, al fine di fare chiarezza rispetto a differenti indicazioni tecniche espresse da qualche giurista, riteniamo necessario evidenziare alcuni aspetti medico legali fondamentali che consentono di inquadrare l’ “infezione da Sars-Cov-2” nel contesto dell’ “Infortunio indennizzabile” in Polizza Infortuni Privata, richiamando l’attenzione del lettore sull’equivoco che spesso sussiste, per chi non ha esperienza o scarsa conoscenza applicativa contrattuale, tra indennizzabilità della “Causa di evento-infortunio” ed indennizzabilità delle “conseguenze dell’infortunio indennizzabile”.
1) L’infezione virale è chiaramente fortuita, non è certamente un atto volontario entrare a contatto con persona infetta e non può esserci un comportamento imprudente: di sicuro non per il medico che – nel caso del Covid – è stato costretto ad un maggior rischio di infezione per dovere professionale – costituzionalmente riconosciuto – di “solidarietà” sociale.
2) L’infezione virale è chiaramente esterna (il virus non è una malattia degenerativa del corpo, come una arterio sclerosi coronarica che produce infarto ma è un fattore lesivo che viene dall’esterno).
3) L’infezione virale (ed in ispecie quella da Sars-Cov-2) è una causa violenta perché il contatto infettante con il virus non è dilatato nel tempo, ma concentrato cronologicamente. Non si tratta, ad esempio, dell’effetto lesivo cronico di un fattore ambientale ma necessariamente deve esistere un momento concentrato singolo in cui l’infezione viene contratta. È quindi intrinseco alla patologia che la causa sia violenta cioè concentrata cronologicamente.
Il concetto di causa violenta afferisce al termine “trauma” che non riguarda, di certo – né sotto il profilo medico legale, né per specifica volontà del contraente -, solo eventi di natura “meccanica”, ma comprende qualsiasi altra condizione lesiva che presenti “efficienza causale lesiva unica” (cioè concentrata nel tempo) idonea a determinare lesioni corporali obiettivabili (come espressamente previsto contrattualmente). Non a caso esistono – come per le infezioni – altre ipotesi di infortunio indennizzabile che non prevedono meccanismi “traumatici di natura meccanica”, quali ad esempio l’avvelenamento o l’asfissia: eventi analogamente indennizzabili, ove non specificatamente esclusi nel contratto.
E il volersi affermare che l’infezione è sempre stata considerata, in ambito assicurativo privato, una “malattia”, non corrisponde alla realtà dei fatti, posto che, nel recente passato, le compagnie di assicurazione (nel contesto scientifico associativo dell’ANIA) ne riconoscevano la valenza contrattuale ai fini di “infortunio” e per questo – cautelativamente – ne escludevano specificatamente le conseguenze dirette.
Se poi l’offerta del singolo assicuratore è cambiata (con eliminazione della clausola di esclusione delle conseguenze dirette delle infezioni), ciò non vuol significare che anche i presupposti “tecnici” delle Condizioni generali di Polizza siano analogamente mutati, in quanto di fatto rimasti gli stessi.
Se è pur vero che qualsiasi Contratto di Polizza infortuni indennizza – ove non specificatamente escluse – solo le conseguenze direttamente riconducibili all’infezione, è necessario chiarire alcuni aspetti “applicativi” fondamentali.
Il concetto generico di “predisposizione” individuale – ai fini dell’esclusione di indennizzabilità del danno, quale ipotizzata da qualche giurista – non è previsto in nessun contratto di polizza: le uniche ipotesi di “ non indennizzabilità” delle conseguenze di qualsiasi infortunio (onere che spetta all’assicuratore) afferiscono solo alla dimostrazione di una oggettiva e documentabile condizione “concausale” patologica che – nella fattispecie – ha favorito il decorso e la gravità della manifestazione clinica dell’infezione e le sue conseguenze. In tal senso semplici ed ipotetiche predisposizioni costituzionali (su base genetica) o altri fattori predisponenti parafisiologici connessi all’età (nei limiti di assicurabilità) non possono di certo assurgere ad elemento idoneo a negare l’indennizzabilità dell’infortunio.
La necessità che l’evento causativo dell’infortunio debba essere chiaro non ha nessun supporto contrattuale, soprattutto nei casi in cui l’evento sia riconosciuto sia come infortunio professionale, sia extra professionale. Il fatto che serva la denuncia non vuol dire che l’evento, se certamente c’è stato perché non può non esserci stato, non sia indennizzabile, secondo le previsioni dell’art 1915 c.c (confermato nell’Ordinanza della terza Sezione della Cassazione Civile n.24210 /2019).
Che l’evento infezione produca delle lesioni corporali è evidentemente fuor di dubbio, per fortuna non in tutti i casi. Tanto per capirci: il mixovirus o rinovirus influenzale non hanno in genere autonoma “efficienza causale” nel determinare conseguenze indennizzabili.
Nonostante l’opinione (o forse la disattenzione) di qualche giurista, è utile ricordare che non esiste nessuna norma contrattuale che preveda che la lesione corporale debba essere “immediata” ed infatti esistono molteplici fattispecie in cui la lesione corporale, pacificamente indennizzabile, si manifesta con una certa latenza temporale rispetto all’evento infortunio (basti pensare ad esempio alla manifestazione clinica di un ematoma sub durale cronico post traumatico, alla rottura post traumatica tardiva di milza, ecc.). Ciò che cambia è solo la modalità con cui la natura biologica del singolo fattore lesivo dotato di “violenza causale“ si estrinseca in modo obiettivabilmente constatabile, ovvero con una certa latenza o con un vero e proprio “intervallo libero” asintomatico.
Di qui l’erroneità interpretativa nel considerare l’infezione da Sars-Cov-2 (cioè il momento causale contrattualmente rilevante, facilmente accertabile in contesto di copertura assicurativa) una malattia in relazione alla comparsa di sintomi dopo periodo di “incubazione”: presupposto che – come per i precedenti esempi – non ha alcun significato contrattuale ai fini dell’esclusione di evento “ infortunio”, essendo equiparabile di fatto al concetto di “intervallo libero” che suole, per l’appunto, verificarsi anche per infortuni dovuti a cause traumatiche meccaniche.
Per fare un altro esempio spesso succede che un assicurato denunci le conseguenze di un traumatismo articolare “certo” ( ad esempio di spalla o di ginocchio) solo quando viene a conoscenza della effettiva persistenza di conseguenze invalidanti. Non per questo la Compagnia ha mai negato l’indennizzo ove gli esiti, specificatamente indennizzabili, siano causalmente riferibili ad un evento – infortunio sicuramente realizzatosi in contesto di copertura assicurativa.
Per inciso è altresì utile ricordare che l’assicurato ha due anni di tempo dalla data della denuncia di infortunio, per definire gli eventuali postumi indennizzabili che – secondo usuale prassi medico legale – in caso di esiti plurimi andranno computati con criterio di “somma” delle singole quote di invalidità residuate a carico di ogni organo/apparato menomato a seguito dell’infortunio denunciato.
L’attuale atteggiamento delle compagnie di assicurazione nel negare qualsiasi “denuncia” di infortunio per infezione da Sars-Cov-2, stante le precise indicazioni espresse nelle Condizioni Generali di Polizza, definendola una “malattia”, non ha alcuna giustificazione contrattuale, soprattutto in assenza di una necessaria verifica da parte del proprio medico fiduciario degli atti della denuncia trasmessa dall’assicurato (con fondata ipotesi di inadempimento contrattuale).
Il rigetto unilaterale delle denunce – senza adeguata motivazione tecnica e contrattuale – prevede la possibilità di chiedere l’attivazione di un arbitrato medico legale: clausola prevista in qualsiasi Contratto di Polizza, proprio in considerazione del fatto che ogni controversia in materia di indennizzabilità in Polizza Infortuni Privata viene espressamente delegata ad esperti, posto che – in considerazione di quanto fin qui considerato – la verifica dell’indennizzabilità dell’ “evento infortunio” e delle “conseguenze indennizzabili” si basa – come lo è sempre stato – esclusivamente su “interpretazione tecnica medico legale”.
In alternativa, in caso di “silenzio” o immotivato diniego da parte dell’assicuratore, il quesito “specifico” sulla indennizzabilità dell’evento denunciato potrebbe comunque trovare adeguata definizione tecnica medico legale in sede giudiziaria con autonoma richiesta di una ATP conciliativa.
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